Ho portato per la prima volta in
inverno il mio secondo bimbo; avevo una pessima fascia ad anelli (pessima perchè imbottita e troppo strutturata), ma di fatto mi ha salvata spesso, soprattutto fuori casa. Alex è nato in dicembre, a Milano l'inverno è abbastanza
freddo e umido, io avevo la piccola Maya di venti mesi e mi muovevo spesso per non restare a casa con due bimbi piccoli.
Avere quella
fascia è stato essenziale, per noi.
Avevamo da poco cambiato casa, cambiato zona, ero ancora molto legata al mio vecchio quartiere (un quartiere da sogno, per essere dentro Milano: QT8, immerso nel verde, nel silenzio e con la Montagnetta di San Siro a pochi passi da casa), frequentavo un consultorio fantastico, avevo qualche amica-mamma, mentre dove ero andata ad abitare non conoscevo nessuno con bimbi piccoli, né il territorio e i suoi servizi. Per questo spesso caricavo i miei bambini in auto e me ne andavo a zonzo dalle mie vecchie parti. Qui, interveniva la nostra fascia, mentre caricavo e scaricavo i bimbi, la spesa, la borsona con dentro il kit da sopravvivenza della mamma con due bimbi piccini.
Ricordo alcuni giorni nebbiosi e molto freddi, ricordo che con poche mosse velocissime toglievo la copertina che copriva Alex mentre stava nell'ovetto in macchina, lo infilavo nella fascia e lo ricoprivo con un'altra copertina da battaglia (quante volte mi è scivolata per terra!). E poi sentivo quel teporino adorabile, il suo corpicino contro il mio, quel
combaciare perfetto di pance, manine contro il seno, gambette sul mio fianco (ai tempi, portavo a culla, cosa che ora non si fa più, grazie agli
aggiornamenti continui sulla sicurezza del portare che arrivano da chi si occupa dietro le quinte di queste cose). Una volta messo a posto lui, aiutavo Maya a scendere o salire e sistemavo il mio carico da mamma sherpa. Non ho foto, perché a quei tempi non avevo il cellulare con fotocamera (o forse nemmeno esisteva?) e non andavano ancora di moda i selfie.
Ma non importa, perché soltanto a scrivere, mi
ricordo perfettamente quelle sensazioni, e credo che anche Alex, da qualche parte, le abbia dentro.
A quell'epoca il mio portare era dunque strettamente
necessità; essendo inverno, lo facevo d'inverno. Non mi ero posta troppe domande sul fatto che potesse avere troppo freddo o troppo caldo, ricordo solo l'impellenza di avere le mani libere e il mio piccino al sicuro.
Aris è nato in settembre, abbiamo dunque affrontato anche con lui
un inverno in fascia da neonato, e altri inverni sempre in fascia ma da più grande. Con lui ho usato tantissimo una
fascia elastica, una
tubolare (pouch) e poi una
fascia ad anelli (ring); Aris è nato molto piccino, sia di peso che di lunghezza, è rimasto a lungo in una
posizione uterina, molto raccolto, aumentava di peso lentamente e la fascia elastica ci ha accompagnati per molto tempo. Lo vestivo più leggero di quanto vestissi Alex, perchè
la fascia elastica ci teneva ancora più stretti di quanto facesse la ring imbottita di Alex, i nostri corpi si scambiavano molto più calore e, usando solo il triplo sostegno, aveva sempre tre strati di tessuto addosso. Inoltre, facevamo ogni giorno tantissimi sali-scendi dalla macchina, dentro e fuori dalla scuola degli altri due, dalle palestre, dai negozi, per cui preferivo vestirlo "leggero" - il che significava: body, tutina in ciniglia e un golfino di cotone o lana - e coprirlo poi con dei rettangoli di pile che gli appoggiavo sulla schiena, fuori dalla fascia, e che fissavo nei risvolti della legatura. In questo modo,
regolavo meglio la copertura e più velocemente, perché in un attimo potevo mettere o togliere lo strato esterno. Io usavo delle giacche abbastanza leggere, perchécon lui addosso avevo sempre molto caldo - facevo certe sudate! -, e le lasciavo aperte sul davanti. So che alcuni marchi vendono dei piumini apposta, per portare sia davanti che sulla schiena, ma io avrei sofferto il caldo.
Quando al freddo si è aggiunto anche il
vento, ho cucito una copertura anti-vento, con del tessuto cinzato sull'esterno e del pile all'interno. Delle coulisse regolavano il "sacco", il cappuccio riparava la testa (nel frattempo era cresciuto un po' e la sua testina iniziava a farsi vedere) e una sorta di sciarpa teneva in posizione la copertura scaldandomi il collo.
Questa è stata la nostra divisa inseparabile per tutto l'inverno, anche quando ho iniziato a portarlo sul fianco.
Aris detestava con tutte le sue forze l'auto, così abbiamo fatto
lunghissime passeggiate anche in pieno inverno, anche sotto la
pioggia; portavo i bimbi a scuola in auto, la lasciavo nel parcheggio e poi noi tornavamo a casa a piedi; lo stesso al pomeriggio per tornare a riprenderli. Di quei mesi ricordo di aver camminato tantissimo, con lui al caldo, ricordo il freddo sul viso e il calore sul petto.
Portare d'inverno è stato... bellissimo, come anche nelle altre stagioni, ad essere onesti, ma d'inverno forse è ancora più intimo, più coinvolgente: si crea una specie di tana nascosta, sul proprio corpo, ci si infagotta, ci si ripara dalle raffiche di vento ed è come se si custodisse un preziosissimo segreto, perché da fuori nessuno vede quel che succede lì sotto tutti quegli strati tra fascia e copertine:
se il bimbo dorme, se è sveglio, se è attaccato al seno, se con le manine ti accarezza... se respira. Sì, certo che
respira, ma questo lo chiedono quasi tutti!! :D
Altre riflessioni sul portare nelle diverse stagioni, da un bellissimo articolo di
Veronica Toniutti , consulente anche lei presso la
Scuola del Portare.
Per chi usa facebook, ecco i consigli della mia collega
Ira Kurt Begovi.