giovedì 31 ottobre 2013

Tutti i pennarelli in ordine

Questa estate abbiamo riciclato i rotoli di carta igienica per creare gufetti portafortuna, ma quando lo stormo è diventato un po' troppo grande ho deciso di trovare un'alternativa.














Alla scuola materna dei miei bambini hanno delle belle scatole porta-pennarelli, in plastica trasparente, divise in settori, per tenere i diversi colori separati. In effetti è molto più funzionale così del nostro secchiellone, da cui i bimbi facevano fatica a trovare il colore giusto.



E così... con una scatola di scarpe, un po' di rotoli finiti, forbici e cartoncini colorati per abbellire e personalizzare la scatola, ecco un modo più ordinato e funzionale di tenere i pennarelli.















mercoledì 30 ottobre 2013

Dare tutto per scontato

Qualche sera fa c'era una magnifica luna piena, di quelle luminose, enormi e un po' magiche. Di quelle che mi spingono a voler dormire con le velux aperte per vedere quello spettacolo, quella luce argentata che illumina quasi a giorno il nostro lettone sovraffollato (e che fanno brontolare mio marito, perchè poi, all'alba, la luce del giorno lo sveglia implacabile).


Ero a spasso coi bambini, e la luna era così speciale che ho chiesto loro di fermarsi per fotografarla. Ma i miei potenti mezzi (un cellulare molto poco tecnologico) hanno prodotto una foto senza senso. Ho commentato rivolta ai bambini che avrei anche potuto cancellare la foto, tanto non rendeva neanche lontanamente la bellezza del cielo, perchè la luna era venuta troppo piccola. Alex ha detto:"Dobbiamo avvicinarci di più".

Eh già. Per un bambino avvicinarsi a qualcosa ha un preciso significato, non importa se quel qualcosa è la luna.

La sua risposta mi ha fatto venire in mente - per quei tortuosi sentieri che segue la mente in una frazione di secondo - un paragrafo di un libro che sto leggendo, The Element, che invita a mettere in discussione tutto ciò che siamo abituati a dare per scontato sulle nostre capacità.



Viene fatto un esempio molto azzeccato e sorprendente: quanti sono i sensi? Per riassumere, diciamo cinque più a volte quella che si chiama intuizione o sesto senso, che però è difficile da definire e da misurare o indagare scientificamente. In realtà siamo così abituati a pensare a tatto, gusto, olfatto, udito, vista e basta, che quasi nessuno pensa all'equilibrio, alla termocezione (siamo capaci di sentire se fa freddo o caldo), alla percezione del dolore e al senso cinestetico (la percezione dei nostri movimenti rispetto allo spazio, la propriocezione). Eppure sono sensi accertati e accettati come definizione da medici e psicologi.

Mi sono ritrovata a pensare che avere dei bambini aiuta parecchio a non dare niente per scontato, perchè loro non hanno ancora fatte proprie tutte quelle abitudini di pensiero, quel buonsenso, quelle espressioni comuni che spesso ci condizionano e ci limitano. Certo, non basta fare qualche passo in più per avvicinarsi alla luna, ma a volte le loro riflessioni e le loro idee così limpide e pure mi aiutano a ricordarmi che almeno ci devo provare (a non dare niente per scontato).

Questo si ricollega alla mia ritrovata creatività, a quella voglia di mettermi ad usare un seghetto per costruire qualcosa che potrei trovare su amazon, o quella fatica felice di progettare e realizzare un fasciatoio portatile quando esistono i telini usa&getta (che sono anche impermeabili, a differenza del mio). Mi è anche venuta voglia di rileggere Creatività e pensiero laterale, di E. De Bono, il cui sottotitolo è Manuale di pratica della fantasia.



Ma quand'è che si spegne questa fantasia? Come succede? Posso in qualche modo impedire o rallentare questo processo nei miei bambini?
Qui c'è un interessante spunto di riflessione, di Sir Ken Robinson, l'autore di The Element.

lunedì 28 ottobre 2013

Esploriamo i sensi (gusto)

Questo è l'altro gioco sui cinque sensi che abbiamo scoperto insieme a quello sul tatto.

Semplicissimo da realizzare, ma di grande effetto (e con un risvolto non indifferente sulle sane abitudini alimentari).




Noi lo abbiamo fatto per la prima volta in piena estate, quando la varietà di frutta disponibile è grande e di solito molto apprezzata dai bambini, ma si può fare in qualsiasi stagione. Se in casa ho finocchi e carote, di solito aggiungo anche quelli.

Si prendono vari frutti, si tagliano a tocchetti circa tutti uguali (la forma non deve troppo influenzare), i bambini chiudono gli occhi oppure si usa una benda e si dà loro un pezzetto direttamente in bocca: devono indovinare quale frutto hanno assaggiato dal sapore.

Semplice, ma divertente! E si possono poi fare osservazioni sui vari sapori, se la frutta era aspra, dolce, acidula, morbida, croccante (la frutta secca di solito sorprende), eccetera.

Esploriamo i sensi (tatto)

Qualche mese fa ho preso un bellissimo libro di Thich Nhat Hanh: Semi di felicità 


E' difficile da recensire perchè rischierei di banalizzare un testo molto delicato, ma efficace; è un manuale, ricco di spunti per parlare ai e coi bambini di pace e amore, con molti giochi e proposte per aumentare la fiducia in se stessi e parlare di emozioni.

Tra i vari capitoli ce n'è uno dedicato ai cinque sensi (che poi, ho scoperto che dire cinque sensi è molto riduttivo), e quest'estate in spiaggia sul Lago abbiamo subito messo in pratica quello sul tatto, adattandolo al fatto che erano solo in due a giocare e non in gruppo come proposto nel testo.
Il gioco originale prevede che ogni bambino riceva un sasso ad occhi chiusi, lo tocchi per un po' e poi lo restituisca a chi dirige il gioco, che depone tutti i sassi in cerchio; a questo punto i bimbi riaprono gli occhi e devono riconoscere il loro. Poi il testo suggerisce alcune domande di riflessione da porre ai bambini.


Noi abbiamo invece preso alcuni sassi, li hanno prima osservati e toccati, poi hanno chiuso gli occhi, io ne consegnavo uno a ciascuno, lasciando un po' di tempo per sentirlo, loro me lo restituivano e io li rimettevo nel gruppo; riaprivano gli occhi e dovevano riconoscere il loro (e io dovevo ricordarmi quali avevo consegnato!).

Devo dire che ai bimbi è piaciuto molto questo gioco, spesso mi hanno chiesto loro di ripeterlo o ci hanno provato da soli. A me è piaciuto per la sua semplicità e perchè ci vuole pochissimo per renderlo più o meno difficile in base all'età, scegliendo sassi molto o poco diversi tra loro, e variando sulla quantità.



Un altro gioco che hanno trovato molto divertente è stato quello sul gusto, sempre proposto nel libro, che racconto in questo post.

sabato 26 ottobre 2013

Storie di Querciantica

Sono molto emozionata nel presentarvi questo libro, perchè... Perchè ve lo scrivo dopo.


Iniziamo dal libro. Non l'ho ancora visto dal vero, però seguo la sua storia da parecchio tempo, ho letto il blog della sua autriceFrancesca Casadio Montanari, e ammirato le bozze, le anteprime, i personaggi man mano che nascevano, grazie a internet.

Non vedo l'ora di poterlo sfogliare con i miei bambini, sia perchè apprezzano molto gli animali (Alex) e le illustrazioni curate (Maya), sia perchè corrisponde molto bene ad un'idea di BUON libro di storie sugli animali che ho in testa e che è condivisa da chi segue certe linee educative di ispirazione montessoriana.
In questo libro infatti gli animali sono animali; non sono umanizzati, non indossano vestiti, non allevano altri animali, non camminano su due zampe se sono quadrupedi, e così via: sono animali veri, che si muovono nel loro ambiente e nel loro tempo, seguendo il ciclo delle stagioni.

Francesca è sia mamma che educatrice ambientale, e direi che ha coniugato benissimo questi due lati della sua vita, che emergono sinceri in questo progetto e nei racconti.

Ma il motivo per cui sono così emozionata è che le illustrazioni del libro sono state realizzate da una mia carissima Amica, Marina Cremonini. Questo è il suo sito internet, in cui Marina racconta della sua professione di illustratrice e delle altre sue passioni (yoga, agricoltura biodinamica, percorsi di crescita personale e altro, tanto altro). Sia nel suo sito che nel blog di Francesca è possibile vedere le anteprime delle splendide illustrazioni che accompagnano i racconti di Querciantica.

Nei mesi passati, mentre seguivo tramite il sito o facebook le bozze e i disegni, sono rimasta colpita da come la mia piccola rimanesse incantata di fronte ai tanti dettagli, particolari, precisione, cura e Amore che si trovano nelle illustrazioni di Marina; inutile dire che mi ha già chiesto varie volte di comprarle Querciantica, che sarà disponibile dal primo di novembre, sia in cartaceo che come e-book (qui trovate come prenotarlo).

Buona lettura!

venerdì 25 ottobre 2013

Aste numeriche

Ed ecco il nostro lavoro finito, con la collaborazione dei bambini: più montessoriano di così!



Le vernici ad acqua e atossiche, certificate e bla bla bla, che ho scelto non solo per i due più grandi, ma anche in previsione di eventuali "assaggi" da parte del piccoletto di casa, erano disponibili in pochi colori, e per ottenere un effetto coprente avremmo dovuto dare più mani, ma la curiosità e l'attesa erano troppo forti per aspettare oltre, così abbiamo deciso che erano pronte anche se un po' sbiadite rispetto al materiale già completo che si trova in vendita.

I bambini hanno voluto giocarci subito; quello che ho notato è che il quasi cinquenne si è buttato nell'attività direi a capofitto e senza esitazioni, senza farmi domande, senza cercare la mia conferma, mentre la seienne (che frequenta la scuola primaria) si interrompeva di continuo chiedendo a me suggerimenti o partecipazione.


Da un lato il fatto di essere più grande emergeva in una migliore capacità di previsione, cioè ad occhio, prima di affiancare tra loro le aste, si faceva un'idea molto precisa e quasi sempre corretta della successione, dall'altro aveva "paura di sbagliare", e se era indecisa fra sé e sé cercava il mio sguardo. Il quasi cinquenne invece è partito senza esitazioni, e ha proseguito così fino alla fine; quando trovava qualche intoppo, restava un momento interdetto e poi trovava da solo la soluzione, senza mai distogliere lo sguardo dal suo gioco: era davvero concentrato.

L'aspetto più sorprendente è stato proprio l'autocorrezione dell'errore (presente anche nei giochi di incastri), che in lui era davvero "da manuale".


Abbiamo poi approfittato delle aste per usare il righello e misurare i 10cm, per parlare del metro, che è lungo 100cm (il cento piace sempre come numero), e da lì abbiamo contato a ritroso le decine (100, 90, 80, ecc), trovando la corrispondenza tra decine e unità (l'asta lunga 40cm è composta da 4 segmenti, ecc).

Anche il piccolino ha voluto dire la sua:


giovedì 24 ottobre 2013

Lavori nel fine settimana (e aste numeriche)

Durante lo scorso fine settimana abbiamo avuto un ospite d'onore: il topo Biagio.



Il topo Biagio è il topo della classe della mia bambina, la mascotte. Ogni sera va a casa di un bambino, a turno, e qualche volenteroso genitore ha pensato bene di creare un pericoloso precedente: ha costruito qualcosa per il simpatico roditore (il primo in assoluto ha costruito un lettino, il secondo una sedia a dondolo con le mollette di legno). Da quel giorno Biagio ha collezionato, oltre al letto e alla sedia, due maglioni, un paio di mutande, delle braghe, un cappello. E poi è stato il nostro turno. Dopo la sedia a dondolo fatta di mollette, farsi venire l'ansia da prestazione mi sembrava perfettamente inutile, e ho subito chiarito con mia figlia che io non sarei mai stata in grado di fare qualcosa di simile.

Così abbiamo pensato ad un'alternativa alla mia portata (che tra l'altro mi è valsa un bel riconoscimento da parte dei miei figli quando abbiamo fatto questo bellissimo lavoretto per Halloween sull'autostima seguendo il tutorial di Daniela Scuola in soffitta), e a qualcosa che fosse legato alla scuola. Ed ecco un astuccio apposta per Biagio, con matite verdi, perché verde è il colore della sezione di Biagio. Ora Maya non è più l'unica ad avere un astuccio alternativo.




Nel frattempo, ci siamo dedicati ad un'altra attività manuale che potessimo fare tutti insieme; da tanto tempo avevo in mente di costruire delle aste numeriche montessoriane, così con gli attrezzi del papà e delle vernici atossiche (non c'era molta scelta di colori, Maria Montessori ci perdonerà), ci siamo dati da fare:



I lavori sono ancora in corso (manca il blu), ma mi riprometto di scrivere un nuovo post sul risultato finale e su come le vivranno i bambini.



Nel testo "La scoperta del bambino" (cap. XVIII - Insegnamento della numerazione e avviamento all'aritmetica), Maria Montessori descrive sia le aste che il loro utilizzo, mentre sul sito Lapappadolce c'è un bel tutorial per costruirle.


venerdì 18 ottobre 2013

Luci ed ombre dell'educare



Raccolgo volentieri la proposta da parte di Caterina di Liberelettere  di partecipare all'iniziativa molto stimolante di Selima.
Per me è un tema nuovo, in un certo senso. Mi occupo dei miei bambini da quando sono nati (e da un po' prima, anche), ma ho la tendenza a navigare a vista: mi piace leggere su crescita, sviluppo, educazione, pedagogia, ma poi vivo di pancia. Per questo, mettere per iscritto quello che sento, che vivo, è una novità, e non sono sicura di riuscire a dipanare le idee, per farle passare dalla pancia alla testa e poi alle dita sulla tastiera.

Nella vita quotidiana, uso il termine educare senza chiedermi esattamente che cosa significhi, quindi non ne farò un'analisi nè etimologica, nè semantica. A volte sintetizzo con educare quello che è nel senso comune: istruire, trasmettere valori, abituare i bambini a certe regole sociali, insegnare nozioni.
E non mi importa se nella mia testa do al termine una precisa sfumatura di rispetto del bambino come persona e invece gli altri mi immaginano più coercitiva.
Quello che mi interessa è di rispettare i miei figli, e nello stesso tempo permettere loro di trovare ciascuno la propria strada qui, con tutti i compromessi che la vita qui, oggi, comporta (insieme ai vantaggi).

Mi trovo abbastanza in sintonia con le idee di Selima, e mi piace molto questa sua considerazione:
"Anche quando si interpreta il ruolo educativo basandosi sull’improvvisazione, accogliendo gli stimoli e le richieste del bambino, sulla flessibilità, adattandosi agli obiettivi e agli interessi del bambino, anche quando ci poniamo in un atteggiamento di ascolto e accettazione delle esigenze dell’altro, persino quando ci mettiamo alla pari con loro, stiamo compiendo un atto che presuppone una grande consapevolezza  e l’intenzionalità di chi sa che potrebbe fare altrimenti e decide di non farlo."

E questo mi rimanda un po' al pensiero montessoriano, che ho sempre sentito molto vicino a me e all'idea di come vorrei essere quando invece sbaglio. Perchè i condizionamenti di un modello educativo coercitivo e autoritario li sento ancora ben radicati dentro e spesso è solo con un certo sforzo che riesco ad aderire all'idea libertaria di educazione che vorrei per i miei figli e che, ripeto, di pancia sento. Tornando alla Montessori, mi piace e condivido l'idea di base di "aiutare a fare da solo", che si potrebbe forse esprimere meglio con un "lasciami fare da solo": l'aiuto sta a monte, quando il genitore (o l'educatore) predispone l'ambiente migliore, il più favorevole e sicuro, ma poi si tratta di lasciar fare. Questo vale fin dalla primissima infanzia, sia per i bambini più grandi: lasciar fare ed essere a disposizione.



Non a caso, Maria Montessori nei suoi testi ripete che il maggior lavoro educativo è stato rivolto verso le maestre, che dovevano reimparare a non intervenire.

Piuttosto, trovo che spesso si debba intervenire attivamente nell'educazione perchè questo mondo non è fatto per i bambini (forse non è fatto per quasi nessuno di noi); quante regole, quante scelte curricolari in ambito scolastico sono influenzate dal mondo così com'è? A me pare molte. Perchè ci si aspetta che i bambini usino le posate per mangiare? Perchè è preferibile avere 8 in matematiche e 6 in musica piuttosto che viceversa? Perchè quando si attraversa la strada, si pretende che il bambino ci dia la mano? Se vivessimo in un altro posto, questi esempi assumerebbero significati diversi. Ma certo viviamo qui, e di conseguenza mi trovo ad adeguare le mie scelte educative in relazione alla nostra realtà. Però questo mi fa spesso interrogare sul senso, sull'importanza, sul peso di molte cose che scelgo o non scelgo di fare e di trasmettere ai miei bambini.

Una volta una persona mi ha detto che non posso prescindere dai condizionamenti culturali millenari, perchè tutti noi li abbiamo interiorizzati a tal punto che o ci illudiamo di essercene liberati o se ci provassimo ci troveremmo smarriti, senza radici solide. Mi ha citato tanto di bibliografia, ma non mi ha convinta fino in fondo. Forse è vero, forse i condizionamenti mi impediscono di scegliere veramente come educare i figli, ma almeno ci provo, mi interrogo, non smetto mai di chiedermi perchè e che senso abbia fare certe cose, e scelgo almeno la misura in cui farle (e richiederle ai miei figli).

Un paio di anni fa ho comprato un libro, "Educare alla vita" di Swami Kriyananda. Al primo tentativo, l'ho abbandonato, perchè chissà che cosa cercavo, forse esempi concreti o un metodo, e invece erano "solo" idee, molto impalpabili. Ma sono idee; così l'ho poi ripreso in mano, perchè se non penso di poter fare meglio, non lo farò mai, se non penso a come cambiare quello che non mi piace, resterà probabilmente sempre uguale.

Questo post partecipa all’iniziativa:
Stiamo in ascolto   






Estendo l'invito alla mia cara Lunamonda e lascio i link dei post che ho letto finora con molto piacere:

Caterina 

Pippi House 

Selima 

Oggi faccio manutenzione

In questi giorni ho deciso di sospendere la pubblicazione di post per dedicarmi alla manutenzione del blog, con tanto di back up ed esperimenti dietro le quinte (se ogni tanto si vedrà scomparire e riapparire qualcosa, sono io che smanetto).

Aris ha il raffreddore, o piange o dorme in fascia, ed è il momento ideale per attività casalinghe.



Sto litigando con twitter, che non riconosce il mio log in (ho già modificato la password, ma a quanto pare non è quello il problema), nè dal pc, nè dal cellulare. Però sono riuscita ad inserire l'icona nel blog. Piuttosto inutile, dato che non riesco ad usare twitter, e infatti per protesta l'ho messa sul fondo, tiè! Ma per i miei tentativi, è stato un bel passo in avanti.
A proposito, se qualcuno ha suggerimenti... Si faccia avanti: sono tutta orecchi, anzi, tutta occhi. 

In questo lavoraccio, devo ringraziare Alex di C'è crisi, c'è crisi!, che mette a disposizione di noi blogger comuni mortali dei tutorial davvero precisi, ma davvero davvero davvero. A prova di imbranati (senza offesa, eh).


mercoledì 16 ottobre 2013

Telai da tessitura


Capita molto spesso che i bimbi, vedendomi ricamare o alla macchina da cucire, mi chiedano di partecipare. Cosa che da un lato mi rende felice, dall'altro mi mette in difficoltà, perchè non ho mai frequentato un corso professionale di cucito, e dunque spesso faccio fatica anche da sola a progettare, realizzare, rifinire; figurarsi se nel frattempo devo dare retta anche a loro.

Navigando in internet, ho trovato tempo fa nel sito Mammafelice  questi bellissimi modelli per costruire dei telai da tessitura.



Si realizzano davvero in pochi minuti, e si possono coinvolgere anche i bambini nel realizzarli, ad es facendoglieli colorare. E poi con quelli possono giocare e simulare il filo che entra ed esce dalla stoffa.

I nostri sono stati realizzati su carta con grammatura leggermente più spessa dei normali fogli da stampante, colorati con i pennarelli, ricoperti da un retino trasparente, ritagliati e poi forati con la macchinetta per fare i buchi. Ho comprato delle stringhe apposta, ma naturalmente anche il riciclo va benissimo, per chi ha vecchie scarpe con i lacci.



E veniamo ai lacci; le maestre della scuola primaria hanno espressamente chiesto che i bambini vadano a scuola con scarpe col velcro, perchè ancora non sono capaci di allacciare da soli le stringhe e loro non possono passare il tempo ad allacciare scarpe. Giusto.
Però, a breve ci sarà una gara di fiocchi. Durante la riunione è stato chiesto di far esercitare i bambini a fare i fiocchi con le stringhe.

Ok, ho i telai, sono a posto (di certo non compro due paia di scarpe, una col velcro per la scuola e una con le stringhe per la vita fuori da scuola), e poi basta qualsiasi laccetto, nastrino, corda per esercitarsi. Ma perchè questa distanza tra apprendimento e realtà? Perchè non possono mettersi le scarpe con i lacci e imparare? Se fare cinque righe di E o di A è più importante che imparare ad allacciarsi le scarpe, perchè non fanno una gara di A, invece che di fiocchi? (e poi perchè fare proprio una gara, che presuppone anche dei perdenti?)

Ho provato a tirar fuori dalla scatola i nostri telai, in questi giorni, per far esercitare la mia bambina, ma dopo un paio di fiocchi - venuti così così - è passata a fare altro. Perchè ha già imparato a scindere lo studio dal divertimento, e questo mi ha intristita.

Ho idea che Maria Montessori sia stata anche studiata dai futuri insegnanti, e poi lasciata dentro al libro: teoria e realtà separate, esattamente l'opposto del suo messaggio...





Le scarpe carinissime le avevo scopiazzate da Alessia Scrap&Craft: non precise nei dettagli quanto le sue, ma funzionali lo stesso.



martedì 15 ottobre 2013

Giocare con le conchiglie




Da che mondo è mondo, le donne al mare raccolgono le conchiglie, e i mariti si lamentano: 'Ma che cosa ce ne facciamo? E dove le vuoi mettere? Altre cianfrusaglie in casa...'

E in effetti hanno anche ragione, ma a mia discolpa posso dire che raccogliere conchiglie piace anche ai nostri bambini, quindi non è tutta colpa mia, e poi ho trovato che cosa farne: un gioco per Aris.





















Le manipola, le prende a manciate, le prende una per volta, le sposta da un contenitore all'altro, le travasa, le versa sul tappeto, (le porta in giro per casa...), le assaggia, e quando ha esaurito la sua curiosità passa ad altro.

E come nel caso del Cestino dei tesori, anche le conchiglie finiscono per diventare un gioco per tutti: le faccio sparire per settimane e poi, quando le ripropongo, sono una bellissima novità per tutti e tre!


lunedì 14 ottobre 2013

Il cestino dei tesori di Aris


Ho scoperto il Cestino dei tesori con la mia prima bimba, con cui ho frequentato un bellissimo consultorio di Milano, il Villaggio della Madre e del Fanciullo; qui ho partecipato a varie iniziative a sostegno della maternità, tra cui lo spazio allattamento, il massaggio bioenergetico per il neonato e lo spazio mamma-bimbo per i bambini dai 6 ai 12 mesi circa, all'interno del quale veniva e viene tuttora proposto il cestino dei tesori.
Dietro al cestino dei tesori, che è stato ideato da Elinor Goldschmied, c'è una profonda riflessione sul bambino, sulle sue capacità e competenze, sui suoi bisogni, sulla sua curiosità verso il mondo, ma ha anche il pregio di poter essere realizzato con estrema facilità.

Nel sito Sottocoperta.net - ma ce ne sono tantissimi che ne parlano - ho trovato una bella spiegazione, con molta cura anche ai dettagli, ad es sulle dimensioni del cesto secondo la sua ideatrice, e un lunghissimo elenco di materiali e oggetti che potrebbero andare a comporlo; per chi cerca spunti o ha dubbi su quali oggetti siano adatti e quali no mi pare un bel punto di riferimento.
Detto in parole molto povere, si tratta di un cesto contenente diversi oggetti di uso comune e in materiali naturali, che stimolino i vari sensi del bambino.

Ormai qualsiasi nido o consultorio o centro per la prima infanzia ha uno o più cestini dei tesori, e sono sempre di più anche le mamme che lo creano e lo ripropongono a casa al loro bambino. Anche i miei tre figli hanno avuto il loro cestino, e negli anni gli oggetti sono cambiati, alcuni li ho persi, altri li ho rinnovati, altri li ho aggiunti strada facendo, a volte allontanandomi dall'idea originale (per es non sono mai riuscita ad escludere del tutto la plastica, e il cestino di Aris è quadrato invece che tondo, come dovrebbe essere).

Bisognerebbe avere la pazienza e la costanza di accumulare oggetti, via via che ci arrivano tra le mani. Spesso mi capita di trovare qualcosa che vorrei conservare per il nostro cestino, come un tappo di sughero al ristornate, o una pigna trovata in campeggio, ma poi confesso che molti di questi oggetti li perdo per strada, tra quando ci penso e quando ritorno al cestino. Ed è un vero peccato.



Comunque, questo è il cestino di Aris, forse il più scarno dei tre che ho preparato, ma lui non si è lamentato, per il momento (sapendo solo dire "mammmmma-mmma-mmma", mi va di lusso); ho però riscontrato con tutti e tre i miei bambini che il cestino, a casa da soli, funziona poco o per poco. In consultorio o negli spazi gioco o al nido, tutti i bimbi sono sempre catturati da questi magici cestini, mentre a casa la curiosità e la concentrazione svaniscono nel giro di pochissimi minuti. Il contesto differente, l'ambiente nuovo rispetto alla solita stanza di casa, la presenza e a volte anche l'interazione con gli altri bimbi rendono la stessa esperienza molto diversa. Oltre al fatto che anche la mamma si pone diversamente: in consultorio sta lì, dietro il suo bimbo, vicino, e si dedica a lui; nell'attività del cestino dei tesori così come è stata ideata da E. Goldschmied, la mamma dovrebbe rimanere presente senza intervenire, e invece a casa quante volte mi è capitato di piazzare Aris sul tappeto, col suo bel cestino davanti, e cercare di svignarmela magari per andare a caricare una lavatrice in santa pace? Ecco, funziona solo di rado.



Il risvolto positivo del nostro cestino casalingo è che intrattiene spesso i due più grandi, che scovano tra questi oggettini semplici e in un certo senso banali dei veri e propri tesori (loro, sì!) e si intrattengono tranquilli, coinvolgendo di fatto anche il piccolo, così che alla fine quella famosa lavatrice la riesco a caricare davvero.

Un piccolo trucco, in ogni caso, per far durare più a lungo la magia del cestino dei tesori è quello di crearne diversi: quando si ha parecchio materiale, si sceglie con cosa comporre il cestino, lasciando da parte alcuni oggetti, e dopo un po' di giorni si sostituiscono gli oggetti già noti, già sperimentati, con quelli che erano stati tenuti da parte, rinnovandolo e rinnovando di conseguenza l'interesse del bimbo.



Inoltre ogni giorno (ogni giorno che se ne ha voglia) si può mettere della frutta fresca, ben lavata e magari biologica. Qui si vede Aris che scappa con un limone rubato dal cestino...

domenica 13 ottobre 2013

Che cosa (non) fa una Doula

Nella pagina Doula ho scritto brevemente quello che è una doula, e un accenno del mio percorso. Mi riprometto sempre di approfondire, magari raccontando anche come sono arrivata a decidere di diventare doula, ma ho pensato di iniziare a raccontare quello che fa una doula, e che offro io, nel concreto.

Durante la gravidanza
Ascolto attivo della madre e/o della coppia
Informazione sui servizi alla maternità offerti sul territorio
Accompagnamento alle visite e agli esami
Informazione per scegliere il luogo dove partorire e i diversi professionisti coinvolti nel percorso nascita

Durante il
Travaglio-parto
Accompagnamento e sostegno


Nel dopo parto (dai primi mesi fino all'anno del bambino circa)
S
ostegno nell'avviamento e durante l'allattamento
Vicinanza nell'
Accudimento del neonato
Sostegno alla madre e alla genitorialità
Ascolto attivo


Tutti questi
servizi sono offerti nel totale rispetto delle scelte genitoriali. Ciò significa che non esiste pregiudizio o giudizio, che non do consigli, che non esiste pressione in nessuna direzione, indipendentemente dalle mie idee e dalle scelte che ho fatto e che faccio per me e la mia famiglia.


Una Doula non fa nulla, spesso tace, ascolta sempre.

giovedì 10 ottobre 2013

Il nostro autosvezzamento

Questo post è la storia del nostro percorso di autosvezzamento; non vuole insegnare nulla, nè indicare una direzione, ma esclusivamente raccontare quel che è accaduto a noi. Parlo di noi e non solo di Aris, perchè la nostra scelta ha coinvolto in effetti tutta la famiglia.




Ho allattato Aris in modo esclusivo fino a poco dopo i sette mesi; l'allattamento è proseguito anche dopo in modo quasi del tutto esclusivo, nel senso che ci sono stati assaggi sporadici di frutta (mela, pera, ciliegia, fragola, kiwi, banana e ora non ricordo nemmeno, diciamo la frutta che avevo a portata di mano da aprile-maggio in poi). Con sporadici intendo senza schema, senza continuità, cioè magari assaggiava oggi e poi basta per alcuni giorni, senza orari scelti a priori.
In questo sono stata influenzata da un bellissimo testo sull'allattamento (V. S. RobinsonAllattare secondo natura), in cui viene affrontato anche il tema dello svezzamento (sì, lo so, oggi si deve chiamare divezzamento, ma credo che si capisca lo stesso di cosa parlo); è un testo che ho letto e riletto, sia come mamma che come doula, e che ho molto apprezzato per quanto è schietto, diretto.



All'inizio Aris riusciva solo a succhiare, ma non a deglutire, nemmeno la frutta grattugiata. Mi è capitato di tagliare la frutta a tocchetti e dargliela in un telino di cotone (l'ideale sarebbe il lino, ma avevo uno scampolo di tessuto di cotone non trattato, nè colorato, così ho usato quello), ma l'ho fatto poche volte e solo a casa, per praticità. Portava ancora in fuori la lingua, nel movimento tipico dei bimbi che prendono il seno (che si chiama riflesso di estrusione), per cui quando cercavo di dargli qualcosa col cucchiaino, la sua linguetta respingeva invece di portare in bocca il boccone. 

Questo mi ha permesso di mantenere un atteggiamento sereno di fronte ad un certo "ritardo" da tabella di marcia standard: il mio bambino dava infatti molti segnali sull'essere pronto (stava seduto già molto bene, ero curioso e desideroso di assaggiare), ma in lui il riflesso di estrusione era ancora molto marcato, dunque non era pronto nel complesso. Inoltre, le rare volte che riusciva a tenere in bocca qualcosa, mentre cercava di deglutirlo, gli venivano dei conati. Su questi due punti, c'è da notare che, da un lato era più facile offrirgli bocconi più consistenti, perchè riusciva a prenderli in bocca meglio, senza il riflesso di estrusione che mostrava invece verso le consistenze più morbide, come la frutta grattugiata o schiacciata, dall'altro però c'era il problema della deglutizione, che invece non si presentava con cibi morbidi. 

E intanto le settimane passavano e siamo arrivati a otto, nove mesi ancora a fare assaggi e poco altro. Usavo raramente il cucchiaino, più spesso le mie dita, in attesa che lui affinasse la sua coordinazione e potesse portarsi il cibo alla bocca da solo.



Verso i dieci mesi le cose sono molto migliorate, alla frutta e verdura abbiamo aggiunto pasta, pane, riso, ecc ma Aris continuava a fare assaggi; per il resto, la sostanza arrivava ancora dal latte. In tutto questo periodo, ha mangiato per lo più in braccio a noi, e la sua resistenza era molto limitata; pochi assaggi e poi iniziava a scalpitare per fare altro.
Col fatto che mangiava molto poco di solido e che prendeva ancora tanto e tante volte il mio latte, non gli ho mai dato acqua. L'ho introdotta poco prima dell'anno, ma anche in questo caso in modo non sistematico (per es se mangiava frutta, che è acquosa, non gli proponevo neppure di bene; se mangiava altro come pane o pasta, gli offrivo piccoli sorsi dal bicchiere quasi vuoto).

Verso i dieci mesi aveva assaggiato direi tutto quello che mangiamo noi, che abbiamo un'alimentazione tendente al vegano, con vari strappi (per lo più sul pesce/molluschi), quindi non ha mai assaggiato la carne, e uova e latticini solo in moderatissime quantità.
Oggi Aris ha poco più di un anno, tre dentini (il primo incisivo inferiore è spuntato a undici mesi) mangia ancora molto poco, anche se inizia a stare seduto per qualche minuto nel seggiolone e inizia a mangiare quantità maggiori per volta. Però un pasto dall'inizio alla fine non l'ha ancora mai fatto, e quasi sempre conclude in braccio a qualcuno.

Avendolo sperimentato per la prima volta col mio terzo figlio, mi sono resa conto che le cose vanno davvero molto diversamente rispetto allo svezzamento tradizionale o anche a svezzamenti alternativi come contenuti, ma non come schemi (il mio secondo bimbo è stato svezzato secondo uno schema vegano: menù vegano, ma schema tradizionale, con brodo e farine): il fatto di seguire esclusivamente il bambino, lo può rendere molto lungo come processo e soprattutto è quasi impossibile avere un'idea precisa di quanto mangi. Oltre al fatto che nel nostro caso posso affermare che Aris non assume neanche lontanamente le quantità di cibo che a parità di età assumevano i primi due figli.
La sua crescita resta comunque costante e armoniosa, sebbene si mantenga sempre piccolino (del resto lo siamo tutti in famiglia ed è nato che non pesava nemmeno 2700gr).

Come ho scritto all'inizio, il suo svezzamento ha coinvolto tutta la famiglia, perchè non avendo limitazioni sulle quantità o sugli alimenti, anche sua sorella e suo fratello gli danno da mangiare, facendogli assaggiare ciò che mangiano loro. 



Mi piace osservare come si rendano conto della serietà del gesto, per cui di fronte a bocconi "sospetti", chiedono sempre a me o al papà se vada bene anche per il piccolo, o per imitazione gli danno ad es mezzo acino d'uva per volta invece che intero o tentano di sbucciare alcuni frutti apposta per lui (ha un pessimo rapporto con le bucce, che gli restano in bocca per delle mezz'ore!). Il fatto poi che Aris prediliga mangiare in braccio a qualcuno piuttosto che seduto nel seggiolone, coinvolge automaticamente tutte le persone che si trovano alla nostra tavola, o perchè mi sostituiscono nel tenerlo, o perchè mi versano l'acqua (anche i bimbi, non fa nulla se ne rovesciano un po') o mi passano quello che con lui in braccio non riesco a raggiungere, accudendo anche me.




Questa è la nostra esperienza, se a qualcuno interessasse approfondire che cosa significhi autosvezzamento questi sono alcuni siti o articoli interessanti da consultare:






lunedì 7 ottobre 2013

Yoga per bambini


Sono trascorsi circa due anni da quando ho scritto questo articolo sul libro di Claudia Porta Giochiamo allo yoga, per Mammeacrobate, ma i miei bimbi continuano a giocare:








A volte lo proponiamo noi genitori, altre volte, come questa sera, lo chiedono loro; mi piace perchè è una passione condivisa col papà (il mio cuore è stato invece rapito dal Tai Chi), mi piace perchè è un libro che viene pasticciato, stropicciato, vissuto e loro diventano e sono i protagonisti, proprio come lo sono stati i bimbi di Claudia Porta.



Ed è bello vedere come crescono, come affinano i movimenti, come mantengono più a lungo l'attenzione e la concentrazione:



e come invece resta costante la voglia di giocare:








Questa volta c'era anche l'elemento di disturbo, ma è stato bello giocare insieme allo yoga:



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